COMUNICATO STAMPA 224
Il provvedimento con cui L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la vendita della “pillola dei cinque giorni dopo” alle minorenni senza necessità di prescrizione medica si comprende appieno se si tiene conto di quanto previsto dalla legge 194 del 1978 che ha legalizzato l’aborto. Quella legge, che proclama il diritto alla procreazione cosciente e responsabile interpretandolo come libertà di aborto, presenta l’uso dei contraccettivi come l’unico strumento di prevenzione, tanto da prevedere che il medico che esegue l’aborto sia “tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite” e da promuovere corsi di aggiornamento del personale sanitario sui metodi anticoncezionali. La legge ha ben presenti i minorenni: prevede, infatti, che la somministrazione dei contraccettivi da parte delle strutture sanitarie e dei consultori sia “consentita anche ai minori”, ovviamente all’insaputa dei genitori. Del resto, in base a quella legge, le ragazze minorenni possono abortire all’insaputa dei genitori, a ciò supportate dal consultorio.
Quindi, se la “pillola dei cinque giorni dopo” (come quella “del giorno dopo”) è un contraccettivo, le minorenni potevano già assumerlo in base ad una prescrizione medica; oggi possono farlo semplicemente acquistandolo in farmacia.
Ma la pillola dei cinque giorni dopo è un contraccettivo? Si limita ad impedire il concepimento? Sull’azione abortiva di questo preparato (così come era avvenuta per la pillola del giorno dopo) abbiamo assistito ad uno stravolgimento della realtà naturale e ad una negazione della verità cui hanno lavorato ricercatori, medici, governanti e giudici. Ciò che è dimostrato dalla ricerca scientifica onesta (e che, fino a pochi anni fa era pacificamente accettato), è l’effetto antinidatorio che questi preparati hanno in aggiunta a quello contraccettivo: se vi è stato concepimento, viene impedito l’annidamento dell’embrione nel corpo della madre e, quindi, l’embrione muore. Se scandalizza la malafede di coloro che – nascondendo i dati reali sull’effetto di questi preparati – sostengono il contrario, cosa pensare dei giudici che hanno più volte ripetuto che “non esiste una nozione certa circa il momento iniziale della vita umana”, legittimando la commercializzazione delle “pillole che uccidono”? Cosa pensare del Direttore dell’AIFA che sostiene che l’eliminazione della ricetta medica è finalizzata alla “ambiziosa meta della riduzione del tasso di concepimento sotto i 18 anni”?
Tutto si comprende alla luce della legge 194: la legge che consente e facilita l’uccisione dei bambini innocenti prima della nascita. Se si possono uccidere impunemente i bambini a gravidanza avanzata, perché non si dovrebbe poter uccidere gli embrioni appena concepiti? Ma la licenza di uccidere i bambini significa negarne l’esistenza come uomini: perché, allora, non cancellare dallo scenario l’embrione non ancora annidato?
Naturalmente, questa volontà di rendere più facile l’uccisione del concepito porta con sé anche l’indifferenza verso la responsabilità dei genitori e, soprattutto, verso la salute delle ragazze che il provvedimento dice di voler tutelare. Il Direttore dell’AIFA, in una vergognosa dichiarazione, specifica che “si tratta di contraccezione di emergenza e non è un farmaco da utilizzare regolarmente”: quindi è un preparato che porta con sé dei rischi per la salute della minore che lo assume, soprattutto in caso di utilizzo ripetuto. Eppure, si permette loro di acquistarlo ripetutamente in farmacia, dove sarà consegnato anche “un foglio illustrativo”! Gli autori di questa soluzione ipocrita risponderanno dei danni alla salute delle donne che avranno assunto più volte preparati di questo tipo?
Questo è un periodo in cui, nelle questioni “eticamente sensibili”, i difensori della vita si trovano a manifestare la loro opposizione in battaglie su molti fronti: dalla RU486 somministrata a gravidanza avanzata e senza obbligo di ricovero in ospedale, allo scandalo di un amministratore della Lombardia che esulta perché, dopo che qualche donna sconosciuta ha venduto i suoi ovuli e dopo che molti embrioni prodotti in provetta sono morti, sono nati due gemelli da fecondazione eterologa, alle difese puntuali degli obiettori di coscienza, fino al provvedimento di oggi. Sono battaglie da fare, ma tornando alla radice: la necessità di difendere ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, nessuna esclusa!
La legge 194 e la legge 40, permettendo l’uccisione degli embrioni e dei bambini non ancora nati, negano loro ogni dignità e li cancellano dalla realtà; la legge 219 del 2017 fa lo stesso per i malati gravi, suggerendone l’eliminazione.
Combattere contro le leggi ingiuste significa ribadire la realtà naturale e riaffermare per intero la verità sull’uomo.
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