domenica 30 maggio 2021

Sepoltura dei feti, chi gioca sulle parole e chi sulla vita

A qualcuno deve dare fastidio – e parecchio – la pratica sempre più diffusa delle sepoltura dei feti da aborto, spontaneo o volontario. È quanto si apprende dalla lettura di un articolo del Corriere della Sera a commento di una notizia nata da uno sfogo di una donna. Una mamma, per la verità, solo che già dal titolo si è stati ben attenti a calibrare al millimetro le parole per adempiere alle regole neogrammaticali della neo lingua per il neo pensiero moderno.

Fraintendimenti sul modellino di Michelino

Forse qualcuno ricorderà che tempo fa, ad una manifestazione pro-life, gli attivisti hanno regalato ai convenuti un modellino a grandezza naturale di un feto di 10 settimane. Gli ambienti abortisti italiani si sono subito fiondati a ridicolizzare questa iniziativa, colpevole a loro dire di aver modificato le reali fattezze di un feto di 10 settimane allo scopo di renderlo più somigliante ad un neonato.Tra le varie cose si affermò anche che le reali dimensioni di un feto di 10 settimane dovessero aggirarsi attorno ai 2 cm, in contrasto coi 5-6 cm del modellino.

Aborto e obiezione di coscienza

Chiudiamo con un argomento diverso ma connesso al principale: l’obiezione di coscienza.Tanto per cominciare non è affatto vero che gli obiettori sono talmente tanti da rendere impossibile o quasi abortire, si tratta di una menzogna propagandistica. La cosa non ci interesserebbe nemmeno, perché naturalmente riteniamo l’aborto ingiusto e quindi sarebbe un bene che le donne non riuscissero a compierlo, ma comunque una donna che decide di ricorrervi dev’essere pronta a farsi anche un viaggetto in treno, come minimo, nell’eventualità assai improbabile che dalle sue parti non si trovi un medico non obiettore.

La definizione di essere umano

Una piccola curiosità: spesso a chi si batte contro l’aborto a tutela degli esseri umani viene chiesta, provocatoriamente, la definizione di essere umano. 

Ricorso ai casi estremi

Comunque, a conclusione di questa parte del discorso, è importante far notare alcune cose, per esempio che gli abortisti tentano di legittimare l’aborto in qualsiasi caso attraverso il ricorso a casistiche estreme e marginali: parlano soprattutto di donne stuprate, nascituri con gravissime malattie ecc, ma la verità è che la stragrande maggioranza delle gravidanze indesiderate è imputabile al fallimento dei metodi anticoncezionali (nessuno dei quali è garantito al 100%) o a condotte sessuali superficiali, e che tra i malati che vengono abortiti ce ne sono alcuni, come i Down, che in realtà oggi riescono ad avere una vita abbastanza normale e piena di significato. Nonostante la legge lo vieti, l’aborto è ancora soprattutto uno strumento di controllo nascite, e quindi poco guadagnerebbe la causa abortista se anche si riuscisse a dimostrare, cosa che non accade, che l’aborto è lecito quando la donna è stata stuprata o il bambino è gravemente malato. A proposito di casi estremi, ogni tanto si va a prendere quei casi ultrararissimi, ma effettivamente esistenti, di bambine rimaste incinte in seguito ad abusi, bambine per le quali gravidanza e parto sarebbero un trauma, oltre che un reale pericolo per la loro vita. Purtroppo queste bambine hanno già subito degli abusi, e ciò che può venir dopo al confronto non è probabilmente un trauma di pari intensità, e soprattutto non è un trauma minore di quello che rappresenterebbe un raschiamento (che tra l’altro, come già detto, non è esente da rischi per la salute di chi lo subisce). Dal momento che dall’altra parte c’è comunque un altro essere umano, data la poca differenza tra una scelta e l’altra è ovvio che sia preferibile salvare il nascituro. Il momento del parto potrebbe essere realmente pericoloso per la piccola madre, questo è vero, ma in casi come questo è possibile, e sicuramente lecito, indurre un parto precoce in modo che il feto abbia ancora ridotte dimensioni e possa venire alla luce senza causare danni alla madre.

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Chiunque può parlare di aborto

Quando un antiabortista espone le sue idee, spesso si sente rispondere “Ma a te cosa toglie se le donne possono abortire? Se per te è sbagliato tu non farlo, ma non imporre la tua volontà agli altri”.Questa obiezione è una sciocchezza, naturalmente se si ritiene l’aborto un crimine orrendo non è possibile stare a guardare gli altri che lo compiono senza tentare di fare qualcosa. L’assurdità di certe frasi emerge chiaramente se le applichiamo ad altre cose sulla cui nefandezza c’è un consenso molto più ampio: “Ma a te cosa toglie se quello picchia sua moglie? Se per te è sbagliato tu non farlo con la tua, ma non imporre la tua volontà agli altri”, giusto per fare un esempio.

Le aspettative di vita

Discutiamo la prima questione: tutti dobbiamo morire, e dal momento che il tempo trascorre con continuità non è possibile stabilire un termine al di sotto del quale la vita è priva di significato e può essere soppressa in anticipo. Qualcuno ritiene che non valga la pena lasciar vivere un essere umano che non supererà la settimana di vita, ma si crea un precedente pericoloso perché in futuro si potrebbe ritenere priva di valore una vita che non va al di là di 2 anni, e poi di 4, ecc.

Il sostegno alle donne contro la normalizzazione dell’aborto

Il danno più grande alle donne che devono affrontare certe sfide comunque lo fanno proprio i militanti pro-aborto. La vita è fatta, inevitabilmente, di prove dure, e la tragedia può sempre verificarsi (a te è capitata la gravidanza indesiderata, ad altri una malattia genetica, ad altri ancora la morte di un figlio, non viviamo in un paradiso terrestre e mai ci vivremo, non volerlo accettare non fa altro che moltiplicare le sofferenze).

L’argomento del violinista e la questione degli stupri

Il famoso argomento del violinista, inventato per tentare di giustificare l’aborto almeno nel caso di gravidanza conseguente ad uno stupro, è completamente fallace per vari motivi. Intanto, per quanto riguarda la gravosità della situazione, il parallelo è fasullo: la donna attaccata al violinista è praticamente sequestrata, mentre la donna incinta può uscire di casa e condurre una vita sufficientemente normale, per quasi l’intera gravidanza (che può ridursi in durata qualora sia ragionevole indurre un parto anticipato) addirittura con sforzi contenuti.

La questione femminile e la disponibilità dei corpi

Una presentazione disonesta del problema bioetico dell’aborto viene fatta da chi lo pone come una questione di autodeterminazione femminile e di padronanza del proprio corpo. Chi la mette in questi termini sostiene che voler impedire alle donne di abortire significa esercitare un potere sul loro corpo, e più in generale che la cultura pro-life sia una manifestazione di un pensiero autoritario patriarcale che desidera imporre alle donne costumi e ruoli sociali.

La scienza

Cosa può dirci la scienza
A chi volesse credere ingenuamente che sia stata la scienza a stabilire che entro tre mesi il concepito non è un essere umano, o addirittura non è vivo, invitiamo ad indicare gli studi e le ricerche a sostegno di questa tesi. La scienza produce per definizione affermazioni controllabili, quindi chi vuole scomodarla dev’essere in grado di esporre i suoi risultati, senza trincerarsi dietro autorità indiscutibili. La verità è che nessuno scienziato dirà mai che l’embrione non è vivo, e che comunque vita e umanità sono concetti filosofici che lo scienziato utilizza prendendoli da un sostrato già dato, non un risultato ottenuto dall’attività di ricerca.

Il corpo della donna

Il corpo della donna
Secondo alcuni l’embrione e il feto sarebbero parte del corpo della donna e non qualcosa a se stante, dunque la donna potrebbe farne ciò che vuole. In realtà però l’embrione si forma distaccato e si annida nell’utero solo in un secondo momento, dopo aver compiuto da solo già diverse divisioni cellulari, continuando però anche in quella nuova situazione a crescere e differenziarsi secondo piani organizzativi intrinseci ed autonomi, prendendo dalla madre solo nutrimento e protezione (proprio come un neonato, verso il quale però non riusciamo ad essere altrettanto cinici). 

Le "mancanze" del concepito (alias "bambino")

La nascita come discrimine
Secondo alcuni il momento della nascita è ciò che davvero distingue un essere umano bello e fatto, degno di tutele giuridiche e considerazione, da un precedente essere incompleto non umano e indegno di premure. Per quale motivo? Per un semplice cambio di ambiente? Per la conquista di un maggior grado di autonomia, per la separazione fisica dalla madre? Ma allora perché non considerare umane le persone solo quando lasciano la casa dei genitori per andare a vivere da sole e in autosufficienza economica? E se l’attaccamento fisico ad un’altra persona è determinante, i gemelli siamesi non sono umani e possono essere uccisi, o almeno uno su due, solo perché incollati tra loro?
Anche in questo caso si è stabilito arbitrariamente che una caratteristica tipica di alcune fasi dell’ontogenesi debba essere scelta come discrimine tra umano e non umano, quando l’umano in realtà è tutta l’ontogenesi, comprensiva di ogni fase.

Umanità e intangibilità del concepito

Ai pro-choice italiani del web facciamo presente, tra l’altro, che ai piani alti del dibattito bioetico internazionale generalmente perfino i sostenitori dell’aborto non negano più che feto ed embrione siano esseri umani e che l’aborto sia omicidio, basandosi la loro posizione più che altro sul ritenere lecita, in alcune circostanze, l’uccisione di un essere umano innocente. Ma dal momento che su questo punto ci troviamo un po’ indietro vale la pena esaminare tutti quegli argomenti che gli abortisti italiani scomodano di solito per negare umanità al concepito non ancora nato:

La legge e la scienza non c'entrano nulla

Un’altra cosa da chiarire, anche se è imbarazzante doverlo fare, tanto dovrebbe essere ovvia, è che legale e giusto sono due cose diverse, essendo il primo un concetto giuridico e il secondo un concetto morale, e che le questioni di bioetica non sono propriamente scientifiche quanto piuttosto filosofiche. Se ciò che è legale fosse anche automaticamente giusto moralmente dovremmo concludere che era giusto impedire gli aborti, prima che fossero legalizzati, o che tornerà ad essere giusto qualora gli antiabortisti riuscissero a renderli nuovamente illegali (e dunque perché ostacolarli nella loro campagna?).

Non si tratta affatto di una questione religiosa

E a chi pretende di zittire gli anti-abortisti sostenendo che le opinioni religiose sono per forza di cose personali e non possono essere imposte agli altri, facciamo presente che esistono argomenti contro l’aborto che nulla hanno a che fare con la religione (i seguenti saranno tutti di questo tipo). La riduzione alla mera questione religiosa torna comoda all’abortista che vuole evitare di affrontare gli argomenti dell’interlocutore, ma finché l’avversario non scomoda argomenti basati sulla fede non è lecita. Anche se la maggioranza degli antiabortisti effettivamente è anche credente, del resto è ovvio che siano i credenti ad essere più stimolati a riconsiderare le attuali norme permissive nell’ambito, tra di loro sono presenti anche atei ed agnostici.Alla luce di tutto ciò, accusare gli antiabortisti di non avere argomenti razionali e “laici” è solo un furbo escamotage per squalificarli come interlocutori senza prendersi la briga di esaminare i loro argomenti.

I pro-life non sono nemici delle donne e non giudicano nessuno

Prima di entrare nel vivo della discussione è necessaria ancora una premessa. A chi dice che battagliare contro l’aborto è disumano perché ravviva il dolore nelle donne che hanno abortito, facciamo rapidamente alcune considerazioni:

La dignità dell'uomo e la sua natura sociale

Partiamo da un presupposto che si possa considerare condiviso: gli esseri umani hanno valore in sé e non devono essere mai trattati come mezzi, in particolare non è lecito ucciderli solo perché, pur innocenti, arrecano disturbo a qualcuno. La semplice esistenza di una persona non può essere considerata un problema. Chi non la pensa così è un mostro cinico ed opportunista che, solo per questo, non è assolutamente credibile come difensore delle cause altrui, che evidentemente sposa solo per interesse personale.

domenica 14 febbraio 2021

La faccenda degli studi "Turnaways"

Sono diverse le ostetriche e i medici ginecologi che, cercando di alzare polvere attorno all'aborto, nominano gli studi "turnaways". Tuttavia c'è una disamina molto importante su questi fantomatici studi, la cui vicenda è interessante. Suggeriamo la lettura del seguente articolo, che spiega quanta ideologia ci sia dietro i cosiddetti 'pro-choice'.


La 194 non elimina gli aborti clandestini

L’INCHIESTA DI REPUBBLICA PRENDE ATTO DI UN DATO: LA LEGGE 194 ’78 CHE HA PERMESSO L’UCCISIONE LEGALE DI QUASI SEI MILIONI DI BAMBINI IN 35 ANNI NON È SERVITA NEMMENO A CANCELLARE L’ABORTO CLANDESTINO NEL NOSTRO PAESE.


L’inchiesta di Repubblica sul numero effettivo degli aborti clandestini in Italia prende atto di un dato: la legge 194 del 1978 che ha legalizzato l’aborto e che ha permesso l’uccisione legale di quasi sei milioni di bambini in questi 35 anni non è servita nemmeno a cancellare l’aborto clandestino nel nostro Paese.

Repubblica rivela un dato che – a leggere le statistiche ministeriali – già emergeva con chiarezza: il Ministero si rifaceva ad una fumosa statistica che quantificava in 15.000 – 20.000 gli aborti clandestini delle donne italiane; tenuto conto dell’aumentato numero degli aborti legali effettuati dalle donne straniere e rilevando che i procedimenti penali per aborto clandestino riguardavano soprattutto cittadini stranieri, non è affatto difficile giungere alla cifra di 50.000 aborti clandestini l’anno che il quotidiano indica. Forse sono ancora di più.