domenica 30 maggio 2021

Il sostegno alle donne contro la normalizzazione dell’aborto

Il danno più grande alle donne che devono affrontare certe sfide comunque lo fanno proprio i militanti pro-aborto. La vita è fatta, inevitabilmente, di prove dure, e la tragedia può sempre verificarsi (a te è capitata la gravidanza indesiderata, ad altri una malattia genetica, ad altri ancora la morte di un figlio, non viviamo in un paradiso terrestre e mai ci vivremo, non volerlo accettare non fa altro che moltiplicare le sofferenze). Nessuna società, per quanto perfetta, potrà mai eliminare la sofferenza dal mondo, e l’essere umano non può far altro che accettare la quota di mali inevitabili che gli piombano addosso, senza incolpare la società ma soprattutto senza permettersi di tentare di lenire la propria sofferenza falciando altre vite umane. Per fortuna la società, tra i suoi compiti, ha anche quello di non lasciare sole le persone nel dolore, quello di offrire assistenza materiale e psicologica, ecc. Se la nostra società non è efficace sotto questo aspetto, la soluzione è lavorare su di essa perché lo diventi, non rinunciarvi. Una persona adeguatamente sostenuta e aiutata reagisce anche meglio alle sfide della vita, trova in sé più facilmente quelle risorse che non sapeva di avere, e può infine guardare in faccia i mostri più orribili. Al contrario, una società alienante in cui ognuno viene lasciato solo, e in cui vengono normalizzate e incoraggiate le più turpi scappatoie, non incoraggia nessuno a tentare di reagire ai rovesci della sorte. Anzi, sapere che esiste una via comoda, legale e non stigmatizzata dai più, addirittura difesa con orgoglio da molti, fa desistere subito dal tentare le vie più impegnative. Oggi una donna che rimane incinta senza che lo avesse programmato non va ad abortire perché le sarebbe davvero impossibile tenere il figlio, ma solo perché l’opzione aborto è la prima che le viene in mente, per pressioni ambientali, e perché la portata di ciò che implica non viene rettamente intesa o viene facilmente rimossa, grazie alla complicità di una società che sempre più si indirizza verso un futuro in cui il debole e il bisognoso vengono considerati solo un peso morto di cui sbarazzarsi.Naturalmente in tutto ciò non vale nemmeno la pena soffermarsi su obiezioni del tipo “non posso portare avanti la gravidanza perché non voglio accollarmi l’impegno che richiede”, perché se non si è disposti a cambiare temporaneamente il proprio stile di vita per salvare una vita evidentemente si ha una tossicodipendenza o una scala di valori e priorità nella vita tutta sballata (proveremmo orrore a sentire una star di Hollywood dire che ha ucciso bambini per favorire la sua carriera, ma non facciamo altrettanto quando sostiene, per lo stesso scopo, di aver abortito più volte). A persone di questo tipo non potrà che far bene un allontanamento forzato per un certo periodo da ciò che evidentemente le assorbe in maniera morbosa.
Comunque, in sintesi, il punto fondamentale è il seguente: se si ammazza il nascituro perché altrimenti la madre ne soffre, è lecito ammazzare anche il ragazzino di 10 anni, se la madre per vari motivi anche in questo caso prova sofferenza nell’allevarlo o anche solo nel saperlo vivo.

LE ADOZIONI
I sostenitori dell’aborto non amano prendere in considerazione l’opzione adozione. A parte che non toglierebbe l’incomodo dei nove mesi di gestazione alla madre (ma a questa cosa abbiamo già risposto), temono anche, a quanto dicono, due cose: che la madre possa vivere come un dramma la separazione dal figlio o che il figlio possa poi crescere con una ferita insanabile per essere cresciuto senza la propria madre biologica. A tutto ciò si aggiunge la disonestissima e falsa dicotomia “o lo abortisci o cresce in freddi istituti privi di amore”.
Rispondiamo che la madre che vive come un dramma la separazione dal figlio è una madre che quantomeno sta iniziando a capire che tra lei e quel bambino c’è un legame, e dev’essere aiutata quindi, piuttosto, a comprenderlo e a potersene prendere cura. Per quanto riguarda i figli cresciuti in case-famiglia o da genitori adottivi, tra questi ce ne sono moltissimi ben lieti della chance che è stata loro data. Può darsi che anche per loro la separazione dai genitori biologici sia una ferita rimasta aperta, ma nulla che possa impedire alle loro vite di essere piene di senso e soddisfacenti. Nessuno può stabilire a priori che un bambino adottato avrà una vita miserabile, e a conti fatti generalmente ciò in effetti non avviene, almeno nel nostro paese. Naturalmente si possono fare molte cose per aiutare questi bambini a vivere al meglio la loro condizione, ed è in questa direzione che si deve operare, tenendo poi sempre a mente che ad ogni persona spetta una piccola quota di sfide e sofferenze che non può essere eliminata, perché la vita è questa per tutti, anche per chi è già nato e per chi una famiglia ce l’ha avuta. Del resto anche un bambino già nato può ritrovarsi orfano inaspettatamente, basta che muoiano i suoi genitori. In casi di questo tipo il bambino va soppresso per evitargli sofferenze?
Comunque è anche spregevole che si dipingano le famiglie e gli istituti che accolgono gli orfani come dei luoghi di terrore e angoscia che non sono, è assurdo affermare seriamente che per quei bambini è meglio la morte che queste soluzioni. Tra l’altro se il problema è che le adozioni in Italia sono difficili, bisognerebbe lavorare per renderle più facili, oltre che per aiutare tante donne a comprendere che in realtà possono tenere il proprio bambino. Se l’aborto non fosse legale e normalizzato, molte più donne saprebbero accettare la propria maternità, dunque non ci sarebbe un’emergenza legata a tantissimi bambini bisognosi di adozione. Per lo stesso motivo è ridicola l’obiezione di chi sostiene che senza l’aborto avremmo grossi problemi di sovrappopolazione.

IL PROBLEMA DEGLI HANDICAP
Anche la presenza di handicap fisici e mentali non può giustificare l’aborto, perché accettandolo per questi casi lo si dovrebbe estendere, come possibilità, anche agli individui già nati: se una donna può abortire perché il feto è affetto dalla sindrome di Down perché allora non può uccidere un figlio che contrae un’invalidità fisica o mentale in seguito alla nascita, per malattia o incidente? Tra l’altro questo tipo di aborti è permesso anche oltre il terzo mese, perfino in momenti della gravidanza in cui, se si optasse piuttosto per un parto anticipato, il feto avrebbe delle chance di sopravvivenza.
Esistono comunque, ci dicono, degli handicap così gravi che farebbero durare comunque poco la vita del neonato, altri che invece condannerebbero i bambini a delle sofferenze molto grandi.

Pubblicato qui