Discutiamo la prima questione: tutti dobbiamo morire, e dal momento che il tempo trascorre con continuità non è possibile stabilire un termine al di sotto del quale la vita è priva di significato e può essere soppressa in anticipo. Qualcuno ritiene che non valga la pena lasciar vivere un essere umano che non supererà la settimana di vita, ma si crea un precedente pericoloso perché in futuro si potrebbe ritenere priva di valore una vita che non va al di là di 2 anni, e poi di 4, ecc.
E non è solo un problema riguardante i neonati, ragionamenti simili potrebbero essere utilizzati per sopprimere le persone anziane, alle quali si sa che spetta poco da vivere, o anche persone più giovani che però scoprono di avere una malattia che non lascerà loro molto tempo. In realtà la vita è fatta di istanti, e chi trova sensata solo quella basata su progettualità a lungo termine sta buttando fango addosso alla vita di tante persone, come alcuni portatori di handicap, che non possono che vivere alla giornata, senza guardare troppo avanti, ma che magari sono anche felici di vivere in quel modo. È una mentalità sfruttatrice e opportunistica, da freddo contabile, quella che valuta le vite solo in base a cosa consentano di realizzare.
Comunque esistono degli studi che sembrano indicare che le madri che, pur sapendo che il loro figlio malato non sarebbe sopravvissuto che poche ore, hanno comunque portato fino in fondo la gravidanza successivamente hanno avuto molti meno rimorsi e rimpianti rispetto a quelle che hanno abortito. A quanto pare è un bene anche per la madre se la gravidanza non viene interrotta.
Il legame tra genitori e figli
Si potrebbe però sostenere che la morte di un figlio è un dramma enorme per dei genitori, e che quindi è meglio risparmiarglielo quando si sa in anticipo che il bambino non vivrà per molto. Però l’aborto è già l’uccisione del figlio, e se non è vissuto con pari sconvolgimento è perché la realtà viene nascosta o edulcorata con le bugie di stampo abortista, bugie che però non è lecito sostenere per tutte le aberrazioni che comportano e che abbiamo già discusso ampiamente. Ne consegue che i genitori non possono che essere consapevoli di ciò che è l’aborto e quindi trovarsi già in quel caso nella situazione drammatica di veder morire il proprio figlio, con l’aggravante che in quel caso il piccolo è stato ucciso con la loro complicità. Certo, quando il figlio è nato lo si può vedere, e questo crea un legame ancora maggiore, ma a parte la possibilità di scegliere di non vederlo, se la cosa risulta davvero così temibile, c’è un’altra questione da evidenziare: se è vero che la morte di un figlio è un’esperienza di amarezza incomparabile, è anche vero che tenerlo in braccio per la prima volta è un’esperienza di una dolcezza di pari intensità, e quindi l’aborto toglierebbe ai genitori questa ricchezza. C’è da riflettere comunque su una cosa: se si ritiene che il solo vedere il proprio figlio possa innescare con lui un legame così tanto più forte di quello che si aveva con lui mentre era nell’utero, con che faccia tosta allora si consente, in tutti gli altri casi, che una donna spaventata possa ricorrere così facilmente all’aborto, dando per scontato che non potrebbe imparare ad amare il proprio figlio e a benedirne la venuta al mondo?
Ad ogni modo, solo solidarietà e comprensione per ciò che devono passare questi genitori, però non è lecito accettare la soppressione di un essere umano solo per risparmiare un dolore ad un altro. Se accettiamo questo principio ora, poi per coerenza dovremmo accettarlo in tanti altri casi, con conseguenze aberranti.
Cosa può offrire la medicina
Un altro aspetto da non sottovalutare è che molto spesso le previsioni mediche su durata e qualità della vita di neonati affetti dalle più disparate patologie sono state smentite dalla realtà, e questo significa che anche la più ragionevole previsione nefasta non è necessariamente una condanna ineluttabile, tanto più che la scienza medica avanza, e per di più avanza anche grazie all’osservazione di questi bambini che nonostante tutto vengono fatti nascere, e nel suo avanzare può pervenire a rimedi e cure in grado di ribaltare anche le situazioni più nere. Una cosa è certa, non c’è motivazione nel trovare nuovi trattamenti per certe malattie se chi ne è affetto non viene mai nemmeno fatto nascere.
Per quanto riguarda le sofferenze arrecate da certi quadri clinici molto drammatici, non si deve dimenticare che esistono le cure palliative e la sedazione, la sofferenza non è dunque una condizione inevitabile.