domenica 30 maggio 2021

La definizione di essere umano

Una piccola curiosità: spesso a chi si batte contro l’aborto a tutela degli esseri umani viene chiesta, provocatoriamente, la definizione di essere umano. 
In realtà però l’antiabortista non è tenuto a rispondere, benché esistano delle risposte che potrebbe legittimamente dare, perché i suoi ragionamenti fanno tranquillamente a meno di questa definizione, che risulta ai fini dei suoi discorsi del tutto irrilevante. Infatti l’antiabortista riconosce feto ed embrione come umani a partire da un dato condiviso anche dagli abortisti, e cioè il fatto che neonato, bambino, adolescente e adulto siano tutti umani, nonostante le loro differenze. L’antiabortista semplicemente si rende conto che l’embrione è in relazione al feto e il feto al neonato come il neonato è in relazione al bambino, il bambino all’adolescente, l’adolescente all’uomo adulto. Questo gli consente di stabilire che già prima della nascita il concepito è umano, senza aver bisogno di dare una definizione precisa di questo concetto. Sono piuttosto gli abortisti, che contraddicono con la loro posizione delle cose che loro stessi credono, a dover giustificare le loro idee dando una nuova definizione di essere umano. Ad ogni modo non bisogna essere schiavi delle parole: se per gli abortisti solo chi è nato è essere umano, l’antiabortista potrebbe anche cedere questo termine all’avversario e accettare che venga interpretato in questo modo curioso, ma la realtà continuerebbe a presentare la continuità dell’ontogenesi, e la logica continuerebbe a smascherare come arbitrari e fallaci tutti i criteri messi in campo per stabilire che prima di un certo grado di sviluppo il concepito può essere soppresso. Potremmo anche non chiamarlo più essere umano, potremmo trovare qualsiasi altro termine, ma se non si uccide un nato da donna per coerenza non si può uccidere nemmeno un nascituro da donna.

LA NAVE DI TESEO
Ancora una cosa: per quanto possa, debba, sembrare assurdo a tutte le persone normali, qualche abortista ha provato malamente ad abbozzare una difesa dell’aborto basata sull’idea che il ricambio di materiale di un organismo sia sufficiente a considerare come due individui distinti delle diverse fasi di un’unica ontogenesi. Per intenderci, questi eccentrici sostengono che le cellule che ci costituiscono non sono più quelle che avevamo da feti, e che quindi a conti fatti noi non possiamo che essere qualcosa di diverso.
A parte il fatto che bisognerebbe vedere quanto tempo occorre perché del materiale, cellulare, molecolare e atomico del feto non rimanga più proprio nulla (e si scoprirebbe sicuramente, per forza di cose, che l’individuo per cui troviamo l’uccisione inaccettabile ha ancora moltissimo in comune con quello che invece sopprimiamo senza problemi, essendo le due fasi successive e quindi non separate da una grande distanza temporale), il vero problema è che qui si sta rispolverando il vecchio paradosso della nave di Teseo, che paradosso non è non appena ci rendiamo conto che un sistema non è definito dalle sue parti materiali ma da una rete di relazioni fondamentali tra parti materiali, che in se stesse potrebbero anche mutare senza problemi. L’organismo vivente è definito da una rete relazionale di processi che si autosostiene, non dalle singole componenti fisiche. Il bruco è lo stesso essere che poi riconosciamo come farfalla, c’è poco da discutere.